REFERENDUM: LA MISURA DELLE FEDE È L’AMORE PER GLI ALTRI

Genova 03-06-2025. – Ho registrato un pernicioso silenzio, specialmente tra i preti, sui referendum e, in special modo, su quello della cittadinanza che, pare interessi di più i razzisti, xenofobi, anti-migranti e anti-neri (ça va sans dire) perché hanno paura della invasione che non c’è mai stata. Semmai assistiamo a un esodo alla rovescia: Nel 2024 quasi 200 mila giovani hanno abbandonato l’Italia; nel 2023 sono andati via 21 mila giovani tra i 25 e i 34 anni con una laurea. Una vera morìa. Sono gli italiani che scappano ad ammazzare l’Italia per la politica demenziale del governo dei «puristi inquinati». Viviamo in una Paese kafkiano: dietro un angolo c’è sempre un altro angolo, all’infinito, senza soluzione, con una sola condanna: l’immobilismo angosciante.

Il Fatto Quotidiano on-line il 3 giugno 2025 aveva appena pubblicato il mio pezzo «Perché ai referendum il vero cristiano cattolico non può che votare Sì», quando il Vicepresidente della Cei, il vescovo di Cassano allo Ionio, monsignor Francesco Savino, pubblica un comunicato di pacata fortezza: «L’astensione può diventare una forma di impotenza deliberata, un silenzio che svuota la democrazia», facendo da controcanto alla figlia della fiamma fascista, Meloni, che aveva detto: «Vado al seggio, ma non ritiro la scheda», scelta aberrante e capziosa per paura del voto popolare. Non è lei che vuole il premierato per governare «direttamente» in nome del popolo, senza mediazioni di sorta? Il voto le comoda per andare al potere e governare senza Parlamento, non è più buono, se il popolo decide con scienza e coscienza, cioè se decide «moralmente».

Scrive il Vicepresidente CEI: «Il referendum ci interpella non solo come cittadini, ma anche, per chi vive la fede cristiana, come custodi del bene comune e responsabili della speranza che ci è affidata. La partecipazione consapevole al voto non è mai un gesto neutro: è espressione di civiltà matura, atto di fedeltà al progetto condiviso di società, forma alta e concreta di quella carità sociale che si fa impegno per tutti». Da qui il titolo del comunicato: «Partecipare è custodire la democrazia». Altro che i preti non devono fare politica! Se i preti e i cristiani non sono «politici nel midollo del loro cuore», non sono né preti né laici credenti perché sono atei senza Gesù, senza Storia, senza Profezia e non è vero che «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (conc. Vat. II, GS, n.1).

Continua l’ispirato Vicepresidente CEI: «la democrazia, come spazio comune di corresponsabilità e come bene fragile da proteggere ogni giorno. Oggi più che mai è necessario riattivare la consapevolezza che la vita pubblica non è un bene garantito dall’alto, ma una pratica quotidiana che si nutre del coinvolgimento di ciascun cittadino. Il referendum, proprio perché ci chiama a esprimerci direttamente su disposizioni legislative che toccano nodi vitali della nostra coesistenza civile, come il diritto al reintegro per i lavoratori licenziati ingiustamente, la tutela nelle piccole imprese, il contenimento della precarietà contrattuale, la sicurezza negli appalti e, non da ultimo, l’accesso alla cittadinanza per chi vive stabilmente nel nostro Paese, rappresenta uno dei rari momenti in cui la sovranità popolare si manifesta senza intermediazioni. In particolare, il quesito relativo alla cittadinanza interpella la nostra coscienza di credenti e di cittadini: ci chiede se sia giusto mantenere barriere temporali troppo lunghe per il riconoscimento giuridico a persone che da anni vivono, lavorano, studiano e partecipano alla vita delle nostre comunità. Non si tratta di una concessione, ma del riconoscimento di una realtà già in atto».

Un tale, di nome Domenico, mi ha scritto: «Lasci stare la politica e divulghi piuttosto messaggi cristiani». Immagino che così pensino il 97,7% dei sedicenti cattolicanti: la politica è una cosa sporca, meglio starne alla larga. Certo, per secoli abbiamo affittato la politica ai trafficanti degeneri di ogni specie perché facessero gli affari nostri; molti preti e frati hanno trafficato con la mafia, si vendevano per meno di 15 denari anche di basso conio, ma ora che bisogna fare sul serio e vivere il vangelo «coram mundo», la politica non va più bene? Ci verrà chiesto conto anche di come abbiamo votato perché si è cristiani in chiesa, quando si lavora, in casa, per strada, quando si vota, quando dobbiamo, a costo della vita, dire e gridare e urlare che ogni uomo o donna è/sono nostri consanguinei, nostri parenti stretti in Adamo, in Abramo, in Gesù e tutta la sacra famiglia. Nessun colore di pelle, nessuna etnia potrà mai separarci dall’amore di Dio nelle cui vene scorre sangue meticcio, sangue misto, sangue «sporco» di vita divina.

Nel bottone qui di seguito, troverete il mio articolo sul Fatto Quotidiano il 3 giugno 2025. Approfittatene perché è pure «agratis». Un caro e affettuoso saluto a tutte e tutti, in nome di quell’umanità che è identica in qualsiasi parte del mondo, come diceva in commediografo cartaginese-romano Publio Terenzio Afro (190-159 a.C.): «Sono uomo e nulla di ciò che è umano mi è estraneo Homo sum: humani nihil a me alienum puto (Heautontimorùmenos [–Il punitore di se stesso], 1, 1, 75-77 (Il testo è citato da Sèneca, Epistulae morales ad Lucilium Liber XV, 95; da Ciceròne, De Officiis I, 30 e da Sant’Agostino, Epistola 155, 4, 14). Il tema è ripreso dal concilio Vaticano II che, nella Gaudium et Spes, afferma: «nihilque vere humanum invenitur quod in corde eorum non resonet – nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 1, in AAS 58 [1966] 1025-1026).