Alla fine della tortuosa e frastornata «Via Crucis» nel dedalo del suq arabo di Gerusalemme, arrivando alla basilica del Santo Sepolcro, a destra dell’attuale ingresso, il pellegrino si trova di fronte la ripida scala che, con un dislivello di m. 4,50, conduce al Gòlgota evangelico. Dopo avere sostato in preghiera di fronte all’altare della roccia spaccata che sostenne il mysterium Crucis, ridiscendendo al piano terra e avanzando verso sinistra, si giunge all’ “Anàstasis [risurrezione] dove si venera la tomba del Signore… quindi il Martyrion o chiesa per le funzioni religiose”. Gòlgota, Martyrion e Anàstasis oggi sono inglobati in un’unica basilica, mentre nel IV sec., quando furono fatte costruire da Costantino[1], le basiliche erano separate e distinte. A questi luoghi santi si ricollega la festa dell’Esaltazione della Croce.  In autunno, a Gerusalemme e in Palestina, gli Ebrei celebravano la festa di Sukkôt, o «Tende» o «Tabernacoli», che durava otto giorni: essa segnava la conclusione del ciclo annuale dei lavori dei campi e contemporaneamente ricordava i quarant’anni di pellegrinaggio nel deserto dei figli d’Israele verso la Terra Promessa, dopo l’uscita dall’Egitto. L’ottavo e ultimo giorno di Sukkôt, in Israele, coincideva con la Simhat Torah ovvero la Gioia della Torah, perché Israele fu l’unico tra tutti i popoli ad accettarla, senza condizioni e senza discuterla (Es 24,7)…