La Liturgia della 24a domenica del tempo ordinario-C è semplice nel messaggio, ma proprio per questo ricca di materiale per la nostra riflessione settimanale. La 1a lettura, il salmo, la 2a lettura e il vangelo sono concordi e unanimi: la natura di Dio è l’amore a perdere. Si potrebbe dire con una frase a effetto: se Dio è Dio, non può che amare, oppure, usando il linguaggio biblico: perdonare è il mestiere proprio di Dio. Prima di Gesù Cristo, dentro la cornice dell’alleanza, Israele conosce l’amore di Dio, anche nella sua dimensione di esclusività, che non si rassegna di fronte ai tradimenti, al «peccato» della «sposa-popolo», conservandone una profonda coscienza, ma senza raggiungere il mistero del cuore di Dio. Gesù Cristo completa questa visione e la porta alle sue conseguenze radicali, rendendola esplicita: Dio non può che amare. Si potrebbe dire paradossalmente che Dio è costretto ad amare, non per dovere di reciprocità, come esige il codice di alleanza, ma esclusivamente perché è Dio e non può rinnegare la sua natura, perché nel donarsi il Dio d’Israele si dona senza limiti, senza condizioni e senza contropartita. Da qui deriva, come un corollario matematico, che il perdono è il mestiere proprio di Dio, in quanto, per «necessità divina», in Dio «Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno» (Sal 85/84,11; cf Os 12,7; Lc 11,42; 2Tm 2,22)…