Inizia il nuovo anno liturgico con il «tempo forte» dell’Avvento che ci invita a riflettere sulla venuta di Gesù Cristo. Propriamente l’Avvento non è una preparazione al Natale[1], ma una contemplazione della seconda venuta di Gesù alla fine del mondo come compimento e sfondo della prima l’incarnazione. L’Avvento, infatti, fluttua tra questi due appuntamenti con il Cristo di cui uno già sperimentato e l’altro atteso, perché non-ancora compiuto: il termine stesso, filologicamente, deriva dal latino ad venio/vengo, da cui «Adventus Domini/la venuta del Signore».

Nella prima venuta il Dabàr si è fatto fragilità…

[1] Natale è una «invenzione recente» estranea al kèrigma originario per almeno i primi tre secoli. I vangeli dell’Infanzia (Mt 1-2 e Lc 1-2) non sono i racconti della nascita storica di Gesù, ma la rilettura pasquale, catechetica, applicata in modo retrospettivo ed esclusivamente teologico che, partendo da minuti elementi storici, va oltre per affermare una cristologia in cammino.