PAOLO FARINELLA PRETE
DENUNCIA VESCOVI E VICARI DI GENOVA

PER ABUSO DI POTERE CLERICALE

 

   Invio documenti ufficiali che gli interessati hanno ricevuto, ma a cui non hanno risposto, tranne un breve e inutile incontro. Poiché  girano pezzi a spizzichi e bocconi, li pubblico integrali, ma parlando il linguaggio non accademico, né politicamente corretto, né diplomatico. Lo stile che ho scelto 50 anni fa è stile diretto, senza mediazioni. Chi si ferma «al tono» cerca la scusa per defilarsi. Ognuno, invece, si domandi l’unica cosa necessaria e decisiva: quello che Paolo Farinella, prete dice è vero o è falso? Solo questo può e deve essere, in questa circostanza, criterio di discernimento.  

   Fatti gravi accadono nella Diocesi di Genova, nell’indifferenza di tutti, fatti che hanno anche rilevanza penale e civile, fatti che calpestano i diritti naturali delle persone, fatti che mettono in luce quella che papa Francesco non teme di chiamare «perversione del clericalismo»: manovre, abusi di autorità, disprezzo della legge, persecuzione degli onesti, sgambetti per togliere di mezzo chi può dare fastidio. Tutto ciò è possibile perché il vescovo ha scelto la linea pastorale di togliere i preti dalla pastorale diretta e riempire a tempo pieno la Curia di preti fannulloni che si dedicano a costruire uffici megalattici fantozziani, tavoli ovali per riunioni stile Confindustria, mentre la Diocesi annaspa, langue e annega nel finto Sinodo, dominato dal clericalismo e dove i laici sono come l’araba fenice di Metastasio: «che ci sia ciascun lo dice dove sia nessun lo sa».

   Speravamo che il nuovo vescovo francescano operasse una svolta sullo stile di Francesco, ci siamo trovati un «funzionario» che prende sempre appunti, scrivendo e scrivendo, ma senza mai quagliare. Vive di riunioni con il suo stretto cerchio magico che lo soffoca, dando di sé l’immagine di uno che non governa, e per giunta senza assumersene la responsabilità.

   Nessuno dei vicari che ha nominato, ha una qualsiasi competenza in campo amministrativo, su quello pastorale e su quello teologico: sono tutti con una struttura mentale preconciliare, verniciata ad acqua di formule e formulette devozionali che vagamente (ombre cinesi) si riferiscono alla esteriorità del concilio Vaticano II. Il vescovo, o chi per lui, ha unificato l’Economato Diocesano con la Caritas, creando così un enorme conflitto d’interessi tra uffici incompatibili, (controllato e controllore s’identificano) per diritto, consuetudine e prassi in tutto il mondo. Poiché questo «consorzio della cattiva morte» ha in mente (lo si vede dalle premesse) di creare un calderone economico unico, dove affluire tutti i servizi diocesani, e dove sarà difficile un minimo controllo di gestione.

   Occorreva, semmai, prima pensare, consultare preti e laici (siamo in tempo di sinodo, sì o no?). Nessuno ha discusso di queste cose nel Sinodo e i laici e le laiche non hanno preso mai la parola per chiedere delucidazioni. Perché il vescovo e i suoi vassalli e valvassori non hanno coinvolto il Sinodo? Non ho ancora sentito un prete o un laico chiedere le ragioni delle dimissioni imposte a Mons. Carlo Sobrero, vice Economo diocesano, che dava fastidio per la sua onestà, incorruttibilità e competenza. La conventicola decide da sola chiudendosi nella sede dell’Episcopio che i vicari, ebbri di onnipotenza e gonfi di potere, hanno stravolto e manomesso, ponendo a rischio beni mobili di pregio e di valore storico, con la complicità, tacita o imposta, dell’Ufficio per i Beni Culturali ed Ecclesiastici e della Soprintendenza di Genova, che dietro mia denuncia, via @pec, ha dovuto fare una ispezione, limitandosi a prendere atto, pure con strafalcioni giuridici e geografici?

  Genova non merita questo. Vogliamo competenze, vogliamo serietà, vogliamo rettitudine nella gestione dei «beni comuni», vogliamo trasparenza assoluta, come prescrive la dottrina della Chiesa: costoro non conoscono l’ABC del Codice di Diritto canonico, ma solo la prevaricazione e la prepotenza.

   Vescovo Tasca Marco, frate cappuccino, rendi conto delle tua amministrazione al tuo popolo, ai tuoi preti, alla tua Chiesa che stai calpestando senza nemmeno conoscerla in profondità. Liberati da chi ti accerchia per sete di potere e di dominio clericale. Chiedi scusa alla nostra chiesa che hai giurato di servire, non di servirtene e non permettere a mani rapaci e impure di insozzarla. Ascolta il grido che sale dalla miseria del tuo popolo e imita il Yhwh dell’Esoso: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo» (Es 3,7-8).

   Vescovo Marco Tasca, lascia il convento dei frati: tu sei vescovo della Diocesi e non appartieni più ai frati, appartieni alla Chiesa di Genova. Vuoi vivere, come è giusto, in una comunità? Scegli una parrocchia e invita laici, laiche e preti che vogliono fare comunità con te, magari a turno.

   Vescovo, sei a un bivio e mi assumo la responsabilità di chiamarti per nome e dirtelo apertamente, perché non mi fai paura, né tu né i tuoi curiali palafrenieri: ora, adesso, come dice Dante «qui si parrà la tua nobilitate» (Dante, Inf. I,9) o come dice Gesù a Giuda: «Quello che devi fare, fallo subito» (Gv 13,27).

Con parresia affettuosa,

Genova, 21-05-2022

Paolo Farinella, prete