INTRODUZIONE ALLA LITURGIA DELLA PAROLA

Inizia la Grande Settimana o la Settimana Santa.[1] In comunione con voi non celebro l’Eucaristia, ma condivido la vostra assenza presente, proclamando parti della Parola e ricavandone alcuni suggerimenti per la nostra vita. Tutti noi, voi e io, somigliamo agli Ebrei in esilio a Babilonia. Abbiamo appeso le nostre chitarre ai salici perché non si può gioire quando si è separati non per scelta, ma per necessità e obbligo e un nemico sovrasta su di noi a impedirci la vita ordinaria e quella interiore.

1 Lungo i fiumi di Babilonia, / là sedevamo e piangevamo  / ricordandoci di Sion.
2 Ai salici di quella terra / appendemmo le nostre cetre,
3 perché là ci chiedevano parole di canto / coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori: / «Cantateci canti di Sion!».
4 Come cantare i canti del Signore in terra straniera? (Sal 137/136 1-4).

[1] Nei secoli III e IV la dicitura di «Settimana Santa» si trova negli scritti di Sant’Atanasio (276-373) e di Sant’Epifanio (310-403): Sant’Atanasio, Lettere Festali (PG 26,1351), in Lettere festali. Indice delle lettere festali (Letture cristiane del primo millennio), a cura di Alberto Camplani, Paoline Edizioni, Cinisello Balzamo (MI) 2003; Sant’Epifanio, Panarion. Eresie 67-73, a cura di Domenico Ciarlo, Città Nuova, Roma 2014, qui Eresia n. 68. Nel sec. V, Arnòbio il giovane, la chiamava anche «Hèbdomada authèntica – Settimana autentica/originale», nome che fu usato anche in Gallia e che tutt’ora è in uso nel Rito ambrosiano della diocesi di Milano (cf Mistero della Pasqua del Signore. Messale ambrosiano quotidiano, vol. II, Centro Ambrosiano-ITL, Milano 2009, 385), mentre in oriente si usava l’espressione «Haghìa Hebdomàs megàlē /Septimàna màjor» (cf Cost. Apostol., VII,33). Per una panoramica più completa cf Mario Righetti, Storia Liturgica, voll. 4, Àncora, Milano 1959, III edizione anastatica, 2014, II, 178-218.