Il tema della liturgia odierna è chiaramente l’«ospitalità»[1]: ad essa infatti sono dedicate sia la 1a lettura che il vangelo. È un tema che attraversa tutte le culture e le civiltà. Mai termine è stato caricato come questo di senso «divino» in tutte le religioni. Per la Bibbia Abramo è il modello dell’ospitalità perché accoglie tre «uomini» (che a volte è «uno») dietro cui si cela il Signore[2]. Il NT non cita mai l’ospitalità di Abramo se non nell’accenno di Eb 13,2: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli». Non si tratta di mancanza di attenzione verso un argomento decisivo come quello dell’ospitalità, per il fatto che nel NT è Dio stesso l’Ospite che viene a cercare l’uomo nel suo ambiente, operando per la prima volta in assoluto quel radicale comportamento, opposto al consueto, che vuole che sia l’uomo a scalare il cielo per cercare e trovare Dio. Omero, già nell’VIII sec. a.C., ci avverte che gli dèi viaggiano spesso per campagne e città sotto spoglie mortali per spiare le azioni buone o cattive degli uomini[3]

[1] L’etimologia diretta proviene dal latino «hóspitem» che è l’accusativo di «hóspes». Il termine si compone di due parti: a) «hos/host» che potrebbe derivare da «hosti» nel senso originario del termine: «straniero, forestiero, pellegrino»; b) «pes/pets» derivato dal sanscrito «pati» che significa padrone/signore, a sua volta basato sulla radice «pa-» col significato di sostenere/proteggere. L’ospite sarebbe quindi colui che sostiene, protegge, nutre il forestiero. Nelle lingue slave (es. russo) similmente si ha «gòspodi/gòspoda – padrone/padrona». Una seconda ipotesi fa derivare il vocabolo dal sànscrito «gas-pati – padrone di casa/famiglia»; più propriamente «ghas-ami» (ghas = alimento – ami = mangio»: quindi «padrone di mensa». Chi ospita dà accoglienza non per lucro ma per amicizia. Lo stesso termine indica il beneficiario dell’accoglienza. Per il significato biblico v. il nostro Excursus in appendice «Lo straniero icona del credente e volto di Dio».

[2] V. più avanti nelle tracce di omelia il significato giudaico dei gesti del patriarca.

[3] «Spesso d’estrano pellegrino in forma / Per le cittàdi si raggira un nume, / Vestendo ogni sembianza, e alle malvage /De’ mortali opre ed alle giuste guarda» (Omero, Odissea, XVII, 588-91): Gli dèi spesso si travestono assumendo strane forme di pellegrini, aggirandosi per le città per osservare l’agire buono e cattivo degli umani.