Il secondo giorno del Triduo Santo è, da sempre, un giorno senza Eucaristia. Gesù lo aveva previsto, quando avvertì gli apostoli dicendo loro: «verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno» (Mt 9,15). Non si può celebrare la liberazione mentre regna la morte; mentre il Signore è assente non si possono celebrare le nozze dell’Agnello. Eppure la religione clericale in tempo di coronavirus ha perso il senso delle proporzioni, compresi i vescovi che dovrebbero essere la guida, come non lo sono, per esempio, i Vescovi dell’Umbria che hanno pubblicato un documento collettivo in cui si sforzano di giustificare la celebrazione eucaristica senza popolo, affermando che in fondo il popolo è superfluo ai fini della validità della Messa che è lode e gloria a Dio fatta dal prete.

Poveretti, usano una teologia così bassa e senza consistenza, vecchia di secoli, che ci vuole coraggio a chiamare «teologia», fermi come sono al ritualismo del tempio di Gerusalemme, dove la forma era essenziale alla validità del sacrificio. È qui il senso dello smarrimento della Chiesa: vescovi…